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Il “disperato” bisogno delle imprese

Fabio Comba è HR Director (responsabile delle risorse umane) di KPMG Italia (https://home.kpmg/it/it/home.html ) e Consigliere nazionale di AIDP (https://www.aidp.it/ ). Dal suo punto di vista, di chi assume centinaia di neolaureati ogni anno, come è cambiato il mercato del lavoro dei neolaureati in Italia? I giovani di oggi hanno aspirazioni diverse rispetto al passato?

«I ragazzi sono cambiati sì e no. Mi spiego: la ricerca di Universum 2021 (https://universumglobal.com/it/library/e-book-talent-outlook-2021/) che analizza in Italia un campione di 50 mila studenti di 50 università ci conferma che la consulenza manageriale, dove noi operiamo, è sempre il settore più desiderato. Circa un quarto dei neolaureati vorrebbe lavorare in quest’ambito, che è seguito dall’insegnamento e dalle banche, che sono intorno al 20% ognuna. In questo non vedo una grande trasformazione rispetto a 10 o 15 anni fa.

Quello che invece è veramente cambiato sono le aspettative dei giovani rispetto al posto di lavoro. Nei colloqui chiedono un ambito di lavoro sfidante, un percorso di formazione che faciliti lo sviluppo professionale e, sempre più dopo il covid, hanno un’attenzione molto elevata al Work Life Balance, l’equilibrio fra vita e lavoro. Capita sempre più spesso che la prima domanda che viene fatta nei colloqui dai candidati sia sugli orari e la flessibilità, prima ancora della retribuzione.

E se alla domanda sulla possibilità di smart working l’esaminatore risponde “beh, un giorno alla settimana” o “per questa funzione non è previsto” le possibilità che il candidato risponda “allora no, grazie” sono molto elevate».


E dal punto di vista delle competenze più ricercate dalle aziende che cosa è cambiato?

Certamente il fatto che mancano figure professionali di cui le aziende hanno un disperato bisogno, che non si trovano e sulle quali la competizione delle aziende nel cercare di assumerle è diventata spasmodica. Se, dal nostro punto di vista, poco è cambiato per quanto riguarda i neolaureati in economia e giurisprudenza con alte votazioni, che continuiamo ad assumere, è sui laureati nei settori STEM (scienze, tecnologia, ingegneria, matematica) che la competizione è diventata altissima perché, in particolare in Italia, ce ne sono molto pochi anche rispetto alla media europea, che è già inferiore a quella americana o asiatica.


A causa della digitalizzazione sempre più spinta i neolaureati in alcune facoltà, in particolare in ingegneria, registrano una media di assunzioni del 100% entro 6 mesi dalla laurea. E se fossero di più verrebbero assunti tutti.


Dunque, parte svantaggiato chi ha una laurea umanistica? Ci sono dei rimedi?


Senza dubbio le aziende hanno puntato sempre di più sulla formazione dei neoassunti, anche per rimediare alla carenza di figure tecnico scientifiche, magari sondando la propensione dei candidati a integrare le loro competenze, a imparare ancora. Ma qui il covid sta ponendo degli ostacoli seri: non si possono fare incontri di orientamento in presenza, mettendo insieme molti candidati.

La formazione a distanza aiuta, ma non basta. Dal nostro punto di vista negli ultimi 10 anni è cambiato molto nei profili ricercati: già chi aveva alle spalle un master o un dottorando veniva visto con un po’ di sospetto, perché aveva “perso tempo”.

Oggi non è più così. Cerchiamo tipologie di persone molto diverse, assumiamo anche laureati triennali e stiamo iniziando ad analizzare collaborazioni con alcuni interessanti Istituti tecnici superiori di qualificazione mirata post. Anche i laureati in lettere, filosofia, scienze politiche hanno più possibilità.

Certo, se sono disposti a integrare le loro competenze con capacità digitali, come le certificazioni Google (https://cloud.google.com/certification?hl=it ) che in molti casi sono anche gratuite, possono diventare molto, molto interessanti per le aziende.